La storia del pane: un percorso lungo milioni di anni

Il pane fa parte della nostra vita: è un dato di fatto. Una parte così importante e naturale che neanche più ci chiediamo come sia nato e da dove quel panino che troviamo tutti i giorni sulla nostra tavola.
Già! Ma quando nasce il pane? E come?
Scopriamo la storia del pane insieme.

Il pane che ci troviamo davanti ha dietro di se un lunghissimo percorso: circa due milioni di anni.
Questo lo rende uno dei primi alimenti creati dall’uomo.

Il pane – non certo nella forma di oggi – era già noto all’homo erectus, un ominide  vissuto fra i due milioni e il milione di anni fa, che si ritiene anche l’inventore di strumenti di pietra bifacciali a forma di mandorla, dette amigdale, usate per tagliare, scarnificare e ripulire, e scopritore dell’uso controllato del fuoco.

Tornando al nostro pane, l’homo erectus lo preparava frantumando le granaglie fra due pietre, e impastando la farina ottenuta con acqua per creare un disco di pasta, che veniva poi cotto su pietre arroventate. Da allora, bisogna fare un salto cospicuo, fino a 3.500 anni fa, per arrivare all’altra invenzione che ha rivoluzionato la storia del pane, rendendolo simile a quello di oggi: la fermentazione, scoperta da parte degli Egizi.

L’impasto veniva quindi lasciato all’aria per un giorno, e cotto il giorno successivo, diventando così più soffice e fragrante. Al contrario, altri popoli dell’area, come gli Ebrei, mangiavano pane azzimo, ovvero non lievitato. Questo perché tale tipo di pane si conserva meglio, e si può preparare più velocemente: una caratteristica importante per un popolo originariamente dedito al nomadismo e alla pastorizia.

LA PANIFICAZIONE MODERNA: I GRECI

Dall’Egitto, la preparazione del pane si diffuse nel bacino del Mediterraneo, soprattutto in Grecia, dove venne perfezionata aggiungendo l’utilizzo di ingredienti diversi, spezie e aromi.Si dice che i fornai greci preparassero oltre 70 tipi di pane diverso.

Si dice che inoltre i Greci furono i primi a praticare la panificazione notturna, ottimizzando così il ciclo produttivo del pane e rendendolo simile a quello moderno. Si può dire che furono loro i veri inventori della pagnotta che oggi ci troviamo davanti.

Da allora, innumerevoli sono le rappresentazioni artistiche che ritraggono la produzione del pane: dipinti, statuette, bassorilievi, e addirittura, sono stati ritrovate pagnotte nelle tombe, soprattutto egizie, oppure rinvenute in altre condizioni, come le forme di pane fossilizzato degli scavi di Pompei.

Quindi, possiamo capire che da allora il pane sia diventato davvero la base dell’alimentazione occidentale, e la più preziosa fonte di carboidrati per la nostra dieta – ancor prima della pasta, che invece è di epoca posteriore, risalendo, a quanto pare, ai mercanti arabi che l’hanno diffusa nel bacino del Mediterraneo alla fine del primo millennio dopo Cristo.

MA PERCHÈ IL PANE È STATO INVENTATO PROPRIO QUI?

Una domanda a questo punto sorge quasi spontanea.

Come mai il pane – così come lo conosciamo noi – storicamente non esiste al di fuori del Mediterraneo?

La risposta è facile. Il nostro pane è basato soprattutto sull’utilizzo del frumento, mentre in altre parti del mondo si utilizzano altri tipi di cereali che male si sposano con la tecnica della lievitazione come noi la conosciamo – possibile solo con l’equilibrio di carboidrati, proteine ed oli della farina di frumento in presenza di acqua e lieviti.

Questo fatto – ovvero, questo equilibrio di elementi, ottenuto in modo casuale – è quello che ha fatto sì che il pane fosse un alimento tipico del Mediterraneo e non, per esempio, dell’Asia, dove l’utilizzo del riso ha precluso lo sviluppo della panificazione come la concepiamo noi, e il suo risultato più evidente: il nostro pane.

Ma quali cereali si mangiano nelle altre zone del mondo?

Il cosiddetto “pane bianco” è soprattutto diffuso nel bacino del Mediterraneo e nelle Americhe, ma ha poi conquistato il mondo grazie alla sua diffusione effettuata dalle popolazioni europee. Nelle aree nordiche, si preferisce il cosiddetto “pane nero”, fatto con farina di segale.

La segale, infatti, è molto più adatta del grano alle temperature fredde e alle brevi estati del clima nordico.

In America, prima della colonizzazione europea, si fabbricavano focacce di mais e di quinoa, nelle zone montane. Altri carboidrati, non in forma di pane, venivano ottenuti dalla coltivazione della patata, dell’ulluco e dell’oxa.

In Africa e nel Medio Oriente, i cereali più utilizzati erano il miglio, il sesamo e il teff.

In Asia, dall’India alla Cina al Giappone, come è facile intuire, il riso la faceva (e la fa ancora) da padrone.

PERCHÈ IL PANE DI OGGI HA UN GUSTO DIFFERENTE DAL PANE DI UNA VOLTA?

Tutti noi abbiamo un nonno che si lamenta perché il sapore del pane di oggi è diverso da quello di una volta, e l’abbiamo preso quasi sempre per matto. E invece, ha davvero ragione lui!

Un interessante aspetto del pane, che ci riguarda ancor oggi direttamente, è uno degli aspetti fondamentali del suo costituente principale, ovvero la farina, e soprattutto la sua conservazione.

La farina, soprattutto una volta era molto difficile da conservare. E il processo di trasformazione del grano in farina, chiamato molitura, è quello che – zitto zitto – ha subito le innovazioni più grandi durante tutti questi anni, ma soprattutto, negli anni più recenti.

Anticamente, a causa della difficoltà di separare le diverse parti del chicco di grano (operazione che si faceva tradizionalmente tramite setacciamento), nella farina risultante restavano quantità di oli e di vitamine che la portavano a irrancidirsi in breve tempo.

Ecco perché nel corso dei secoli si è ovviato a questo problema in modo pratico: le granaglie, per loro natura, si conservano molto bene così come natura le ha prodotte, quindi per risolvere questo problema di conservazione si andava dal mugnaio per macinare piccole quantità di grano poco prima di lavorarlo per cucinare il pane.

Questo permetteva di mantenere all’interno della farina ottenuta quelle componenti che davano al pane sfornato quel profumo e gusto così tipico (e buono!) di una volta, ma che ovviamente oggi non può più essere così. Il motivo risiede nell’elevata industrializzazione dei processi di trasformazione della farina, e nelle motivazioni igieniche e sanitarie, imposte dalle leggi correnti, che le disciplinano.

La farina, ormai, deve essere preparata secondo regole ferree, quindi, eliminando tutte quelle parti del grano che donavano al pane cucinato quel gusto così particolare e unico. Ecco perché queste caratteristiche così apprezzate dai consumatori non possono essere più replicabili.

Purtroppo, questa combinazione di regole sanitarie e tecnologie moderne ha migliorato notevolmente la conservazione della farina, permettendo di ottenere un pane più sicuro e controllato da un punto di vista alimentare, ma certamente, meno genuino e fragrante dal punto di vista del sapore, soprattutto per chi ancora si ricorda del gusto del pane di una volta, cucinato a legna nei forni comuni di campagna, e conservato poi nella madia del pane per i giorni a seguire.

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